É il primo e più completo archivio e motore di ricerca sul movimento street-art attivo a Tehran ed in molte altre città dello stato mediorientale una volta chiamato Persia. Iran Graffiti raccoglie oltre 3000 foto, a testimonianza d’una scena ben viva e fremente, manifestazione d’una creatività avanzata, dalle forme assai trasgressive e non irregimentate, che raccoglie gli umori più inquieti e barricadieri serpeggianti in quella autoritaria, vacillante e repressiva teocrazia. Il progetto implementato grazie all’azione del Kolahstudio e di Karan Reshad sembra supportato da una vera e propria crew di collaboratori e aficionado: navigando fra i link del sito ci si imbatte in articoli assai interessanti. Può essere sorprendente scoprire che prima del 1990 l’economia in quelle aeree fosse così tanto depressa da non raccogliere e stimolare alcun interesse per l’arte visiva e la pubblicità illustrata in genere. Già verso la fine della stessa decade qualche fermento visuale prendeva piede, soprattutto in relazione ad una scena musicale underground di matrice hip hop. Va ricordato che in seguito alla rivoluzione islamica del 1979, la danza e molti tipi di musica erano stati considerati illegali dal governo iraniano. Se una delle principali caratteristiche di queste forme artistiche è quella di esprimersi in contesti pubblici ‘non garantiti’, in una realtà come quella iraniana le connotazioni e gli sviluppi di tali attitudini diventano certo ancora più ‘fuorilegge’. Immaginate ad esempio quando l’artista in questione è una donna – e ce ne sono, sia rapper che writer – quale può essere il complessivo giudizio in una società siffatta? L’establishment locale, polizia e ‘guardie della rivoluzione’ considerano come assolutamente illegale qualsiasi aspetto essere in relazione con la gioventù, la musica e certe manifestazioni artistiche, ossessionati da condizionamenti allo stesso tempo politici, morali e religiosi. Addirittura – per legge – adesso è assolutamente vietato ai barbieri praticare acconciature all’occidentale. Proprio perché – tuttavia – molto lontani da un idea di ‘street power’ e dalle divisioni in ‘gangs’, tipiche di altre metropoli del pianeta, nel movimento iraniano la gran parte degli intenti convergono unitariamente su temi ‘positivi’ quali la pace e l’emancipazione, forti della condivisione d’un esperienza artistica importante, stretti in intrecci ed alchimie che bene hanno funzionato anche in questi giorni drammatici di rivolta.
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