“Da qualsiasi angolazione lo si prenda, il presente è senza uscita. Non ha più nemmeno la minore, tra le sue virtù. A coloro che vorrebbero assolutamente sperare, il presente toglie ogni appiglio. Coloro che pretendono di avere delle soluzioni, sono smentiti nell’arco di un’ora. È cosa risaputa che tutto non può che andare di male in peggio. «Il futuro non ha più un avvenire», questa è la consapevolezza di un’epoca che è arrivata – sotto tutte le sue arie d’estrema normalità – al livello di coscienza del primo movimento punk.” Così recitano le prime cinque righe di “The Coming Insurrection”, pampleth edito da “The Invisible Committtee”, sigla dietro la quale si cela – e non per vezzo alla “Wu-minchia” – un collettivo transalpino di “seria” matrice anarco-marxista. Il libro, comparso prima in edizione francese, adesso downloadabile liberamente anche in lingua inglese e in italiano, è stato definito dal filosofo Giorgio Agamben come “uno dei piu’ intelligenti lavori del nostro tempo”. Similmente – sul versante dei molti commenti “amici” ricevuti – si sprecano naturalmente gli intrecci, le relazioni, le filiazioni feconde: si citano – più o meno in successione – come correlati d’un siffatto modello teorico, il situazionismo di Debord, l’attivismo anarchico di stampo greco, le rivolte delle banlieues parigine, il ritorno a “nuove forme collettive di solidarietà” e le sommosse dei giovani iraniani. “The coming insurrection” – hanno detto – “spiega attentamente il rifiuto della Sinistra ufficiale e della sua agenda riformista, mentre si allinea con il crescente numero di chi in Francia, negli Stati Uniti e altrove, rifiuta l’idea che teoria, politica e vita stessa, siano reami separati”. Si insiste – e nemmeno usando troppe metafore – sull’idea che anche in America arriverà l’insurrezione, ed infatti, arriverà con le armi, con il fuoco, perché “non c’è un insurrezione senza armi!”. Forse non tutti saranno d’accordo nel giudicare “The Coming Insurrection” il caso letterario dell’anno, fatto è che i grandi media italioti si guardano bene dal parlarne pubblicamente, affannati – a più latitudini – nell’indurci a pensare che l’alternativa nazionale, il “nuovo”, possa essere identificabile in un comico imbolsito, pure ex compare di Pippo Baudo, oppure ad imbeccarci sul fatto che un “sogno utile” è possibile. Saranno in molti, ad essere colti da più trasalimenti e sorprese, nei prossimi anni: liberal e liberisti – che sappiamo non essere la stessa cosa – ma anche quei “rottami” di certa sinistra d’antan, incapaci d’infondere direzione alcuna, perennemente incerti tra i riformismi d’una partecipazione parlamentare ed i molti massimalismi ideologici “old style”. “Viviamo in un’estetica ampollosa con contenuto zero” e similmente alla celeberrima multinazionale americana, anche il nuovo radicalismo che ci aspetta – come la Coca Cola senza calorie – registrerà inevitabilmente tagli netti alle componenti “zuccherine”.
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