Trash Maximalism – Adrian Kondratowicz

Trash Maximalism

Ha collaborato – verso la fine del 2008 – anche con il filmaker Tommaso Cardile e il musicista Alberto Polo Cretara, l’artista newyorkese Adrian Kondratowicz, a un progetto sulla spazzatura napoletana. Collisioni d’intenti inevitabili per fascinazioni, perché una delle aree tematiche verso la quale è maniacalmente indirizzata la ‘sensibilità performativa’ del creativo in questione è agita – non a caso – in funzione del riciclo in chiave estetica e fashion di rifiuti metropolitani. Sono rosa, biodegradabili e con grossi pallini (ne abbiamo notati di neri e di bianchi) le buste di plastica per la spazzatura ideate da Kondratowicz: risultando assai meno depressive di quelle nere – più consuete – ‘installazioni’ che sicuramente non sfigurano nemmeno di fronte alle vetrine d’eleganti boutique. É tuttavia nei quartieri come Harlem che l’effetto s’ingigantisce, rafforzato dalle sintonie in tinta di pantaloni a zampa d’elefante. Scenografie colorate sullo sfondo di giochi fanciulleschi o del piroettare degli skater, i capienti sacchi spiccano sui marciapiedi mentre sornione un giovane ‘slacker’ dondola molleggiato al ritmo groovy d’una musica di strada. Bisogna sborsare 10 dollari per averne uno, l’edizione limitata con i puntini d’oro costa invece il doppio. L’elemento estetico che al nascere del moderno era diventato presupposto indispensabile di una stilizzazione della vita ideale, nell’epoca postmoderna delle tecnologie digitali, inflazionato dalla sovrabbondanza dei segni, teorie, informazioni, immagini, trasferisce il suo carattere spirituale dal mondo dell’arte a quello delle merci, per arrivare infine al suo stadio ultimo: spazzatura. Merda inscatolata come già prefigurava il nostro Piero Manzoni: l’unico Manzoni che meriterebbe veramente d’essere studiato nelle scuole dell’obbligo.