
Non sono specialisti soltanto nel copiare mixer di successo, trasformando prodotti d’una certa qualità in scatolette insulse che gracchiano ai primi smanettamenti dei controlli rotativi. Non si accontentano di realizzare monitor giocattolo che nelle forme e nei colori ricordano però quei woofer giallini di quell’altra azienda tanto trendy e qualitativamente ineccepibile. Ne fanno una filosofia di vita anche: copiare i prodotti di Pioneer, KRK, Roland, Mackie o di altre aziende, per loro è motivo d’insana soddisfazione. Quale occasione migliore allora per la Berhinger, quella di rifare il proprio sito “ricalcandolo” di botto nientemeno che dalla homepage di Apple. L’effetto finale – divertente o meno a seconda dei differenti punti di vista – è anche gradevole. Risulta paradossale – di certo – il fatto che anche questo ennesimo clone, a sua volta, sia protetto esplicitamente da uno specifico copyright. Si sprecano in rete i commenti maligni: “il dipartimento ricerche della Behringer è composto da una fotocopiatrice e due scimmie”, oppure “bisogna realmente considerare Behringer come un Robin Hood dell’industria per apparecchiature musicali elettroniche….rubano ai creatori costosi e rivendono ai poveri….comunque i loro prodotti fanno schifo”. Diciamo che la gran parte dei pareri è infine poco “empatica” con l’attitudine dell’azienda, sbandierata senza alcun pudore in virtù del suo selvaggio “made in china”. Tuttavia perché accanirsi: nell’epoca dello spettacolo della merce c’è spazio per “chiunque”, lo stesso accade per il mercato delle repliche “d’autore” che vede duplicare quasi tutti i più riusciti modelli di cuffie, orologi e telefonini. L’original fake imperversa e nella società dell’immagine – infine – bisogna anche “immaginare” d’essere un pochino meno fessi e disponibili alla truffa.