Sync Is A Tool – Nothing More, Nothing Less

Controllerism

Perché spendere energie e ore di prove solo nel “mettere a tempo” quando si può con la stessa fatica organizzarsi anche per un mixaggio armonico? L’avvento del controllerismo è inevitabile e le tecnologie sono decisamente mature, ragionare ancora nei termini di set-up generalisti nei club è oramai anacronistico. Ognuno può adottare una soluzione differente. Imprigionare se stesso dentro un metodo che si presuppone essere “lo standard” vuol dire avere già perso. Comunicare una propria idea di musica ha a che fare soprattutto con quella che è la nostra creatività e competenza. Quello che conta è realizzare l’obiettivo finale, far godere la gente, non “dimostrare che si è tecnicamente capaci”, cosa che pur conta ma che non può avere oggi la stessa operatività “cristallizzata”, ferma agli anni settanta, quando per la prima volta sono comparsi turntable affidabili e mixer dotati di crossfader ed equalizzazione. Più facoltà di controllo si hanno dei suoni (e questo lo dimostra anche la storia passata appena citata) tanto più è possibile operare dei mixaggi creativi. Chi direbbe oggi “sei solo uno spingibottoni” a un Zabiela o a uno dei tanti dj hip hop che ai massimi livelli hanno portato le tecniche di mixaggio con i cdj? Afferma Chris Liebing, “dopo tutto dal mio punto di vista il beat-matching è una cosa completamente egoistica…nessuno sul dancefloor ha alcun beneficio dal processo di sincronizzazione fra due tracce…chi sta in pista reagisce al beat-matching soltanto quando nel mixaggio qualcosa va nel verso sbagliato…naturalmente i sostenitori del beat-matching possono replicare e dire che per quanto li riguarda essi non possono prescindere da un’esatta sincronizzazione…poi si deve fare per amor del cielo…non serve a tutti i costi e non ho bisogno di dimostrare a me stesso che ogni notte sono abile a fare le sincronizzazioni manualmente”. In pratica il buon Liebing non ha problemi nell’ammettere l’uso del tasto sync con Traktor, poi se c’è da preparare una routine difficilissima per la pubblicità di Native Instruments mica si tira indietro, oppure è poco capace. Non è un arte – seppure è praticata da molti – girare con gli stessi 30 vinili nell’ultimo anno e permutarli in tutte le possibili combinazioni: alla faccia del purismo e della tecnica, alla faccia dell’evolversi degli stili. Che gioco è questo? E ti permetti pure di dare lezioni? Si dovrebbero vergognare – invece – questi atavici dj. Purtroppo la natura umana in genere ha paura dei cambiamenti. Il djing, la squadra del cuore, la politica o la religione: alle persone non piace cambiare. Soprattuto se hanno imparato bene una piccolissima cosa e con quella vogliono camparci una vita.