Occupy Wall Street – Anarchy in America

Occupy Wall Street

Una super-lobby di potenti specula sulle vite dei più e come in una profezia autoavverante scaturita da un romanzo di fantascienza di Philiph Dick il mondo involve inesorabilmente in una gigantesca lotteria planetaria. Sussulti del capitalismo, rumore stridulo degli ingranaggi che arrancano: difficile inventare qualche altra storiella con la quale arginare il senso di precarietà delle esistenze e la povertà che avanza in ogni dove. La protesta è passata dal Nordafrica al Medio Oriente, dal Wisconsin all’Europa, poi è sbarcata a New York, nel cuore degli States. La mobilitazione di Occupy Wall Street è iniziata il 17 settembre e appena dopo qualche settimana gli echi della mobilitazione hanno conquistato sia i media americani che quelli europei, facendo diventare altrettanto rapidamente il sito internet del movimento un nodo organizzativo certo di non poco conto. Gli attivisti di Occupy Wall Street criticano la sperequazione sociale e se la prendono con i banksters (la gang dei banchieri globali più speculativi), quelli che costringono i governi a drastiche e inique manovre finanziarie. I provvedimenti – naturalmente – rendono impossibile la vita alle persone normali ma non intaccano le grandi ricchezze. “Siamo il 99%!” dicono gli agit-prop, pure se è l’altro 1% che dirige le danze. Finalmente – si spera – una serie di automatismi psichici, di adattamenti alle regole dell’economia, sembrano comunque saltati nella testa della gente. Tutto questo è stato arginato con lo sgombero di Zuccotti Park il 15 novembre ma oramai i servizi televisivi hanno già parlato di rivoluzione e anarchia in America. La soddisfazione per questi sommovimenti – comunque – non ci fa scordare quanto il capitale sia subdolo nel rimodellare di continuo le classi subalterne: l’importante è che queste producano plusvalore – diretto o indiretto – e non diano vita a una moltitudine portatrice di rivendicazioni.