Stop Online Piracy Act vs NetCoalition – Copyright Wars

Stop Online Piracy Act Versus NetCoalition

Lo Stop Online Piracy Act è una legge contro la pirateria e per la difesa del diritto d’autore. La legge nota anche come HR 3261 è stata presentata dal deputato Lamar Smith (R-TX) e da un gruppo bipartisan di 12 iniziali co-sponsor alla Camera degli Stati Uniti il ​​26 ottobre 2011. La legge se approvata cambierebbe drasticamentegli attuali scenari internettiani perché anche siti come Facebook – qualsiasi social network – dovrebbero verificare ogni singolo contenuto pubblicato dagli utenti per non incappare in sanzioni. Anche un solo link a contenuti illegali sarebbe considerato infatti fuori legge. Nel mirino della legge finirebbero allora anche i motori di ricerca che non poterebbero più permettersi di fornire risultati che rimandino a contenuti protetti da diritto d’autore. Rispetto ad altre proposte analoghe questa è ben più dura perché prevederebbe l’attribuzione dei pieni poteri al Dipartimento di Giustizia che avrebbe la possibilità quindi di far intervenire gli organi giudiziari per colpire i siti Internet che avrebbero infranto il diritto d’autore o avrebbero comunque facilitato questa pratica illegale. Il Dipartimento di Giustizia avrebbe la possibilità quindi di far chiudere immediatamente i siti Internet sospetti e darebbe loro solo 5 giorni di tempo per un eventuale reclamo anche se nel frattempo il sito sotto inchiesta rimarrebbe comunque chiuso. In caso venisse davvero riscontrata l’infrazione, il proprietario del sito rischierebbe una condanna sino a 5 anni di carcere. La legge ha naturalmente suscitato innumerevoli e decisive critiche, tanto che attualmente il suo iter di approvazione è bloccato proprio per l’alto numero di emendamenti proposti. Tra i favorevoli all’approvazione della legge-capestro ci sono naturalmente le grandi major, sul fronte opposto troviamo invece la “NetCoalition”, un cartello composto dai provider americani e da giganti come Google, Wikipedia, Yahoo, eBay e Facebook, tutte società che ovviamente non gradiscono l’ipotesi di dover rimodulare consistentemente le loro specifiche forme di business.