Djing – Machines Can Do The Work

Djing - Machines Can Do The Work

Dice Run Riot “per me, il dj è sempre stata la cosa più importante nell’industria discografica…dà vita alle band, ai generi musicali, infiamma i party con le sue proposte…detto questo, alcuni dj utilizzano il fatto che nessuno può vedere cosa stanno facendo realmente quando sono intorno a una consolle”. Per il dj e produttore londinese “chiunque faccia meno che fisicamente selezionare e mixare in tempo reale sta compiendo un furto…dovrebbe essere scritto sui contratti”. Su altri versanti – quelli di Digital DJ Tips – si chiedono: “è morto il dj o almeno sta morendo?”. “I profondi cambiamenti in atto – sia nelle tecnologie digitali di mixaggio, sia nell’uso internettiano – stanno trasformando anche questa professione?”. “Può essere che questa figura amatissima sia sostituita da un computer?”. In fondo la premonizione era già arrivata dai Kraftwerk: “se io spingo un bottone lui fa una canzone” diceva “Pocket Calculator”. Guardando la situazione attuale nella tecnologia musicale, nei social media e nell’analisi dei dati, non è improbabile prevedere situazioni che comprendano “automatismi” ancora più forti e non sembra peregrina la sparizione della figura “fisica” del dj, sostituita tout court da “macchine” oppure con set modulati a distanza da comodi studi attrezzati allo scopo. Una cosa è certa: la tecnologia sta avanzando più velocemente che mai. Molte persone sostengono che oramai i software sono vicini a replicare ogni aspetto tecnico e artistico del djing. Se ciò sia cosa buona o cattiva è ancora presto per dirlo ma proprio fra i dj digitali molti credono che non sia così: quelli che sono gli aspetti tecnici del djing – beatmatching, mixing, beat juggling, looping e blending – sono già pienamente supportati nell’utilizzo di laptop e controller, questo non sottrae nulla però al gusto e alla capacità ancora “umana” di combinare una selezione nella migliore maniera possibile, concentrandosi più sulla qualità della musica e sul flow, dando vita ad elaborazioni ed innesti sempre più articolati e coinvolgenti. Essere un buon dj non significa soltanto mettere a tempo, così come un buon accordatore non è detto che poi sia anche un valido musicista. Se un algoritmo può fare del lavoro per noi, questo ci permette poi di concentrarci su una migliore selezione della musica e su altri differenti elementi della performance (ad esempio effetti, incastri, loop e remixing). Oggi è possibile dare spazio ad aspetti ancora più profondamente artistici e performativi. L’abilità più ambita per un dj rimane tuttavia il suo gusto, la programmazione, non il mettere a tempo. Questo deve portare ad un livello più alto nell’esperienza della selezione, non a passaggi più sciatti adombrando questa medesima scusa: che è lo stile soltanto ad essere importante. Si assiste oggi a gente che in consolle si bea d’usare ancora il vinile ma non sa nemmeno teoricamente che cosa sia un passaggio eseguito a regola d’arte, così come del resto anche molti laptop dj sono poco coinvolti dalle possibilità di mixing in chiave tonale e da un utilizzo più complesso di loop ed effetti. Dopo l’abbuffata di dj-set sempre uguali in cassa dritta, senza una variazione, senza un sussulto, ci tocca adesso sopportare selezioni imballabili, con salti continui dalla dubstep all’electro, dove il “massimalismo” di produzioni una differente dall’altra maschera solo l’imperizia e la poco esperienza di chi sta dietro un mixer. La selezione tuttavia non potrà mai essere sostituita da nessuna automazione, di questo possiamo essere sicuri, anche se non è del tutto da escludere che un programma possa “imparare” i nostri gusti musicali oppure interpretare le reazioni della pista.