Torniamo ancora sugli sport urbani e dopo aver parlato di bike polo, in tema di due ruote, come non dar segnalazione d’un più complessivo e rinnovato interesse per questo mezzo di locomozione, mai come in questo periodo “a la page”. Facile dire bicicletta: ci si può avvicinare alla pratica del ciclismo da più versanti e ciò comporta – di conseguenza – predisposizioni e mezzi spesso assai differenti. Una bici a scatto fisso, anche denominata fixie – ad esempio – è una bicicletta che non ha ruota libera: i pedali sono sempre in movimento e non ci si può fermare nell’azione delle gambe quando la bicicletta sta andando. Queste biciclette – per intenderci – erano quelle normalmente utilizzate prima che inventassero i deragliatori a più rapporti, parti meccaniche d’uso comune solo a partire dagli anni sessanta. Le bici a mozzo fisso, successivamente all’adozione comune di più rapporti, furono dapprima utilizzate solo in pista, nei velodromi, oppure nella preparazione invernale dei ciclisti agonisti (lo scatto fisso permette di ottenere quella che in gergo è detta “pedalata rotonda”, cioè la più redditizia possibile e stilisticamente perfetta). L’uso di queste biciclette è tornato adesso popolare, rinverdito dalla spontanea propaganda operata inconsapevolmente dai bike messenger nelle grandi metropoli. Quest’ultimi prediligono infatti la bici a scatto fisso per la sua leggerezza ed agilità, semplicità che la rende un mezzo ideale per districarsi nel traffico. Pregi non secondari sono inoltre la sua composizione spartana: riducendo all’essenziale il numero di parti, vi sono meno componenti che possono essere soggette a furti. Allo stesso tempo è richiesta una manutenzione molto meno impegnativa, rispetto ad una bici tradizionale. A questo s’aggiunge – nel determinare il successo di questo mezzo – un’estrema personalizzazione dei pochi componenti, che possono provenire da fonti differenti, essere nuovi o riciclati. Anche il design minimalista e pulitissimo delle linee, la possibilità d’utilizzare telai vintage e componenti di qualità, sicuramente ha molto facilitato un ritorno “modaiolo” delle fixed bike. Per una buona conversione da una precedente bici non occorre necessariamente che quella utilizzata sia una bici da corsa, va benissimo anche una bici da strada, da passeggio, addirittura anche una bici da donna. L’importante è che abbiano i forcellini posteriori con una certa lunghezza, diciamo perlomeno un paio di centimetri e che non siano verticali, altrimenti è quasi impossibile tendere la catena se non con un po’ di fortuna (escludendo i mozzi eccentrici). Le fixies insomma sono semplici ed eleganti, hanno linee pulite e una bellezza genuina che scaturisce da una assoluta mancanza di complicazioni. Molti dei puristi – infatti – le preferiscono addirittura brakeless, senza alcun freno, se non quello “naturale” dettato dalla contrapposizione della gamba all’inerzia del pedale in movimento. La fissa senza freni necessita di una condotta attenta, che non permette distrazioni, una manutenzione perfetta (la catena non deve e non può cadere, il pignone non può svitarsi), un uso nel traffico che è spesso stato paragonato ad un “fluire” senza interruzioni.
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