New Genre Public Art – Social Art

New Genre Public Art

Sempre più le metropoli nelle ultime decadi sono diventate un laboratorio sperimentale nel quale gli artisti possono esprimere una cultura progettuale innovativa, “open spaces” espositivi caratterizzati da installazioni site-specific. Così Jacqueline Ceresoli, in un interessante articolo sulla public art, sull’urban art e sulla social art – intervento postato sul sito di Iodesignonlus – introduce i lettori alle nuove dinamiche culturali e sociali delle realtà contemporanee attive nei luoghi del vissuto urbano. È necessario una “riumanizzazione dell’arte impegnata socialmente” dice in altre occasioni la critica d’arte milanese, perché “la public art è trasversale, ingloba la politica, la filosofia, l’urbanistica, l’architettura e le arti visive, dando luogo oltre alle sculture, anche ad azioni performative di derivazione dada o eventi come eredità del movimento fluxus”. Non sono pochi gli artisti italiani che nel corso degli anni hanno contribuito all’evoluzione del concetto di “arte pubblica”: Mario Merz, Mimmo Paladino, Vito Acconci, Giulio Paolini, poi Maurizio Cattelan, Loris Cecchini, Stefano Cagol, il gruppo Stalker e Cesare Pietroiusti, insieme a molti altri hanno segnato il passaggio a nuove declinazioni della seminale idea, focalizzando tuttavia l’esperienza più sui processi piuttosto che sugli oggetti (leggasi opere). La New Genre Public Art non riguarda nello specifico la produzione di un oggetto artistico ma l’innescare processi relazionali tra l’artista e il pubblico, eventi dei quali non si può controllarne completamente gli esiti. La New Genre Public Art non è una forma artistica autoreferenziale, sotto questo nome si sono sviluppate inedite strategie e nuovi metodi artistici – invece – che mirano alla comunicazione, al dialogo e in parte anche alla partecipazione. Il lavoro dell’artista interviene così nei processi di comunicazione e configurazione sociale, qualcosa non lontano – insomma – da una nuova cultura della connessione e della collaborazione.

Macao – Jacqueline Ceresoli