Non sappiamo effettivamente se questo sia il primo ritrovamente archeologico dell’era digitale. Sta di fatto che trattandosi del brand Atari, l’hype sollevato da una simile notizia nel mondo dei videogiochi, della musica e dell’intrattenimento elettronico sarà assolutamente senza pari. Erano gli anni ottanta e precisamente il 1983, quando la Atari, da poco acquistata dalla Warner Media, in seguito a una forte crisi del settore videoludico fu costretta a liberarsi di centinaia di migliaia di cartucce invendute e cercò bene di farlo nel deserto del New Mexico, immaginiamo anche in maniera non propriamente legale. La localizzazione dell’area dove scavare oggi – vi sembrerà quasi una scena di Breaking Bad – sarebbe stata indicata da alcuni ex impiegati che all’epoca parteciparono all’operazione, nonché da tre quarantenni, all’epoca ragazzini, testimoni dell’evento. Ci sono volute solo 3 ore di ricerche e scavi, prima di trovare le prime cartucce, reperti oramai segnati dal tempo, al pari di qualsiasi fossile preistorico. Alcune di queste cartucce – in ogni caso – sarebbero ancora funzionanti e non sembra strano, visto che parliamo di quantità colossali, per un ammontare di oltre 10 milioni di dollari dell’epoca. In fondo sono passati appena trenta anni e questo sarà forse uno dei primi accadimenti che farà comprendere ai più cosa significhi “archeologia dei media”.
Quel videogame è orrendo
Millions of Atari ETs Buried in the Desert
Atari XL/XE – Pac-Man [Atari] 1982