Ci sono strane patologie ossessive ai giorni nostri. Zero Freitas ha trascorso una vita cercando di comprare qualsivoglia vinile sulla faccia della terra. Badate bene, non un tipo particolare di musica alla quale si è affezionati. Non i vinili di un periodo storico preciso oppure di una particolare area geografica. Nelle sue inserzioni è questo il tono delle richieste: “Acquistiamo ogni collezione di dischi. Ogni stile di musica. Paghiamo prezzi più alti di chiunque altro”. Freitas è stato in terapia per 40 anni per cercare di spiegare questo a se stesso ma senza riuscire a trovare una spiegazione alcuna. La sua compulsione – come spesso accade in similari casi – è legata a ricordi d’infanzia: uno stereo hi-fi che suo padre comprò quando aveva 5 anni e i 200 album che il venditore integrò come parte della transazione. Freitas era un adolescente nel dicembre del 1964, quando comprò il suo primo disco, un vinile che il suo connazionale Roberto Carlos dedicò ai bambini. Alla fine del liceo il giovane brasiliano già possedeva circa 3.000 vinili, passati i 30 i dischi erano diventati 30,000. Circa 10 anni più tardi Freitas era già ricco, grazie a una compagnia di autobus della quale era il proprietario e dopo il divorzio dalla moglie – immaginiamo quanto difficile sia togliere la polvere da tutti quei vinili – i suoi acquisti subirono un’impennata. In men che non si dica la collezione raggiunse la cifra di diversi milioni di album. Insomma, dal suo bunker di 25.000 metri quadrati a San Paolo potrebbero sicuramente uscire album rari, di quelli che si vendono su eBay per parecchie migliaia di dollari. Tutto questo a Freitas però non importa, lui comprerebbe anche la collezione completa di Mino Reitano conservata dalla signora di paese, la goa trance di vostro cugino punkabestia o le oscure registrazioni di gruppi dixieland d’antan. La catalogazione di questo ben di dio di registrazioni procede a un ritmo di 500 dischi al giorno e ci vuole una squadra di più d’una decina di persone per andare così spediti, spolverare le lacche, controllare li centrini e trascrivere in un computer nomi di autori, titoli, anno d’edizione ed etichetta. Intanto solo tra giugno e novembre dello scorso anno sono arrivati più di una dozzina di container, ciascuno con più di 100.000 dischi appena acquistati e solo per catalogare i dischi che ci sono ci vorrebbero a questi ritmi più di venti anni. Tutto questo a dove porti noi non capiamo, quello che ci spaventa è la quantità, perché se uno volesse semplicemente creare l’archivio musicale più importante al mondo sarebbero altre le procedure d’acquisto, crediamo.