Cosa succede quando un adolescente “gotico” cresce? Dovrà pure ottenere un lavoro, avere una banca, sposarsi, forse crescere dei bambini assieme ad un’altra “gotica”. Non sarà semplice con un make-up alla Frankenstein andare a iscrivere all’asilo i propri figli. La storia a nostro avviso non si scosta troppo da quella di altre subculture – quelle punk o raver soprattutto – ma nel caso dei “goth” offre sfumature del tutto particolari e più “resistenti” di certi stilemi. Al Guardian, in un simpatico articolo hanno cercato di spiegare il tutto avvalendosi di sociologi avvezzi a rimestare in queste così particolari “categorie”. Il Dr Paul Hodkinson, vice capo del dipartimento di sociologia dell’Università del Surrey è dalla fine del 1990 che studia il fenomeno. Molte persone che appartengono a subculture giovanili – spiega il professore – tendono ad allontanarsi da queste attorno i 20 anni, per i goth tuttavia permane un certo coinvolgimento nelle scene, anche se può diventare più difficile da combinare con le responsabilità che derivano dall’età. Ci sono forti marcatori visivi nell’appartenere a questa scena ma anche se l’estetica e l’abbigliamento sono importanti, dice Hodkinson, sono i principi primari di coinvolgimento a rimanere persistenti: oltre alla musica un certo interesse per il lato oscuro della vita e una naturale tendenza verso stati malinconici. Questi caratteri sono così intrecciati che per un goth rigettare completamente la sua cultura sarebbe piuttosto strano. È una sottocultura middle-class – rincara la dose il professore – e i goth possono avere migliori possibilità di carriera rispetto a quelle che un estraneo potrebbe mai immaginare, sviluppando una certa educazione e alfine trovando un lavoro dignitoso. A tal fine i goth sono disposti anche a venire a patti con la loro estetica, adattando l’aspetto a canoni maggiormente accettabili. La maggior parte del campione oggetto della ricerca del professore ha confermato che nei luoghi di lavoro riescono a non essere riconosciuti come appartenenti a una precisa subcultura, attenuando il look ma mantenendo elementi residuali di stile, spesso accuratamente depurati da eccessive tipizzazioni. Nell’era di Internet naturalmente non mancano – adesso – i siti dedicati alla discussione dei problemi che devono affrontare le famiglie goth, così come non è raro vedere genitori che portano i loro bambini a festival musicali improbabili. Insomma, se il raver smette sempre di girare il mondo in furgone e il punk difficilmente sarà un cittadino integrato, per i “gotici” c’è più speranza: questo dice la moderna sociologia e chi siamo noi per non crederci?
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