Immaginiamo che forse non sarebbe particolarmente contento Danny Cooke, regista e filmmaker inglese, se definissimo tout court “ruin porn sovietico” il suo Postcards from Pripyat, Chernobyl, video girato nell’area del celeberrimo disastro nucleare e nella meno conosciuta ma vicina città abbandonata, filmato per le cui riprese è stato necessario un dosimetro – un dispositivo utilizzato per determinare il livello di radiazioni – e un drone telecomandato atto ad esplorare e riprendere siti poco accessibili o particolarmente pericolosi per essere visitati da umani. La colonna sonora è quella di “Promise Land” – traccia strappalacrime di Hannah Miller – e il tutto pare molto ispirato al fenomeno dell’urban decay, fascinazione della quale abbiamo già disquisito in altri post della nostra sezione “urban theory”. Quello che ci ha particolarmente sorpreso in questo caso è un ritorno dirompente della natura, che recuperando spazi all’urbanizzazione lascia intravedere un futuro prossimo nefasto ma ancora pregno di speranza, anche se non riuscissimo a dominare le forze spesso distruttive messe finora in campo dall’uomo. Nelle immagini s’alterna al tempo stesso una sensazione di serenità e inquietudine: il tempo sembra essersi fermato e ci sono i ricordi di avvenimenti del passato che galleggiano tutt’intorno.
Danny Cooke – Postcards from Pripyat, Chernobyl