Un interessante e contraddittorio articolo di Chris May su The Vinyl Factory investiga nel dettaglio, interrogando direttamente e indirettamente il maestro Brian Eno a proposito dei pericoli da dipendenza digitale nella musica moderna. Si pone come premessa – naturalmente – che la tecnologia digitale abbia migliorato la produzione musicale, la registrazione e la distribuzione in modi inimmaginabili solo fino a pochi decenni fa ma quello che si chiede al seminale artefice del nuovo sperimentalismo d’epoca pop è se si stia perdendo qualcosa di più essenziale in questo processo? “La storia della registrazione sonora dopo l’arrivo del rock ‘n’ roll può essere divisa in due metà, quella dell’epoca analogica e quella dell’era digitale: in questo modello, l’analogico viene identificato con l’autenticità, il digitale con l’artificialità”. Implicitamente è lo stesso Brian Eno a sottolineare la grossolanità d’una simile impostazione che porterebbe tout court ad affermare che la musica reale fatta in tempo reale da persone reali è diventata dalla metà degli anni ottanta una sorta di specie in pericolo d’estinzione. Eppure le domande sgorgano spontanee – sembra Carrie di Sex and the City – illuminandoci di quanto tradizionalismo si nasconda sempre in certi “addetti ai lavori”: Non è diventato troppo alto il prezzo che stiamo pagando nell’accettazione del digitale? Abbracciando la nuova tecnologia stiamo perdendo il fattore umano che è stato al centro del fare musica? Stiamo cedendo troppo potere alle macchine? Se è vero che abbiamo perso qualcosa “della tensione della performance, del sentimento di umanità e di vulnerabilità e verità biologica” utilizzando nuove tecnologie in studio è anche indubbio che gran parte della contemporanea audio-art ed experimental music non sarebbe neppure nata senza l’ausilio di nuovi strumenti operativi, che sempre portano a una differente organizzazione dei processi mentali, compositivi e di lavoro. Naturalmente anche il procedere in una ristrettezza di risorse portava ad affinare altre e positive qualità, questo è indubbio, ma non ci sembra argomento utilizzabile per convincerci a giudicare negativamente ogni apparecchiamento digitale. Come qualcuno ha semplicemente espresso, basta convincersi che “il digitale è anche uno strumento” e questo dovrebbe spazzare via ogni risentimento e dualismo a favore o contro le nuove tecnologie nella musica. Personalmente ho sempre preferito approcciare il problema dal versante opposto e cioè affermare che “i violini non crescono sugli alberi”, che può anche essere tradotto con “ogni strumento è una tecnologia”, concetto che molti ancora fanno fatica a metabolizzare.
Brian Eno | Ambient 1 – Music for Airports
brian eno – music for airports 6/6 from john gage on Vimeo.