Molti artisti che hanno sviluppato la parte più significativa della loro carriera negli anni novanta hanno spesso esibito con orgoglio il non lasciarsi ingabbiare da qualsivoglia appartenenza stilistica. Questa idea per un po’ ha funzionato: parliamo di gente come DMX Krew, Si Begg, Tipper, Luke Slater, Aphex Twin, Squarepusher e Amon Tobin, solo per citare alcuni fra i tanti visionari producer che mescolavano generi e tendenze. Erano gli anni nei quali vigeva il diktat della “contaminazione”, concetto bello quanto vago, che nei fatti ha portato alla perdita di molti talenti. DMX Krew è uno dei pochi sopravvissuti a quella stagione e che pur rimanendo un irriducibile della free form elettronica, adesso sembra essere tornato al suo amore per l’electro, modulando in maniera molto musicale e ariosa lungo tutte le sei tracce presentate, sfumando le citazioni vintage, à la mode del primo Herbie Hancock cibernetico ma senza espliciti scopiazzanti. A noi del cespo è piaciuta particolarmente la sesta e ultima traccia in scaletta, “2 More 606es”, buona e nervosa anche per dj set assolutamente contemporanei.