Nono album per Housemeister, genio berlinese mai domo, artista che è in ballo dalla seconda metà degli anni novanta, un tempo infinito nelle scene elettroniche, soprattutto quando il proprio genere non è esattamente quello del filone principale della techno ma un misto d’influenze assai personali e vita musicale underground. Si parte all’ascolto con “Hypnotic Mango” e subito l’atmosfera è inquietante, anche se nelle note di presentazione nulla fa presagire di vibrazioni velenose e controverse. Le influenze – va sottolineato – sono tante e non sempre univoche: comprendono techno, electro, synth music, melodic house e synthpop, in un caleidoscopio d’emozioni davvero variegato. “Fractal Symphony” ci riporta ad esempio agli arpeggi e alle melodie alla Jean Michel Jarre, anche se come in un sogno distopico tutto diventa un poco incasinato e incattivito. Nemmeno la title track, “Calling Earth”, a noi fa l’effetto di “suoni ottimistici e vibrazioni che affermano la vita” (non sappiamo chi le scrive certe presentazioni). La mescola in questo caso è certo quella d’un pezzo orgiastico e da puro delirio, come non sempre capita in una serata. Ci pensa “Zeitmaschine” a riportarci su territori più cosmici ma sintetici, con un riff cinematico e agganciante, mentre “Traumnovelle” è più groovy e giocattoloso (senza perdere un certo aplomb di caos e oscurità). “Loves A Killer” con i vocal di Joy Tyson definiamola un episodio buono per essere passato in radio, anche se personalmente pensiamo che centri poco con il resto, al contrario di “Zeitsprung”, con la quale si ritorna in carreggiata apparecchiando sequenze ben solide, enfaticamente retromani e ricche d’azione, venate da ottimi vocal di foggia cibernetica. Con “Mission To Mars” si rincara la dose e si pesta ancora con dovizia iper-contemporanea prima di chiudere con “Back Home”, ennesima prova del talento di un grande produttore e performer. Naturalmente l’uscita è sull’etichetta di casa la AYCB.