Con Slave To The Machine di Thomas Peter Heckmann, aka Electro Nation, dj, produttore e sound engineer, artista a tutto tondo che ha al suo attivo almeno una decina d’altri moniker, segno evidentemente di progetti di varia natura, oltre che uscite discografiche a partire da metà anni novanta, siamo nel solco della tradizione electro più purista che forte dei suoi tropi, ancora s’interroga sul rapporto uomo-macchina. Non mancano naturalmente guizzi più contemporanei: Heckmann nel suo studio ha masterizzato migliaia di vinili e certo non ha mai lasciato che la sua strumentazione facesse la polvere, continuando a perfezionare il suo linguaggio sonoro senza cadere in facili nostalgie. Al contrario, la sua abilità nell’equilibrare elementi analogici e digitali lo tiene ben radicato nell’oggi. La tensione creativa tra passato e presente emerge con forza, riflettendo la continua evoluzione della musica elettronica e il suo legame indissolubile con la tecnologia. Proprio la title track è un manifesto di questa simbiosi, una traccia che vive di contrasti, ma anche di una coerenza interna, come un viaggio tra la pulsazione meccanica e l’emozione umana. È un pezzo che suona allo stesso tempo familiare e nuovo, in grado di parlare tanto agli appassionati di lunga data quanto a chi si avvicina per la prima volta al genere. L’uscita si deve ad Activities Records, un’etichetta che ha costruito la propria reputazione supportando sonorità underground e sperimentali, con una particolare attenzione proprio verso l’electro e la techno più ricercata.