L’idea che si ha dell’underground nel 2024 non può che essere differente da quella di chi si è formato musicalmente nella fine degli anni settanta o giù di lì. Che poi ogni successiva “scena” abbia elaborato le proprie forme nel suddividere generi e attitudini musicali è un’altra questione sulla quale è facile concordare. “Ogni generazione riscrive il passato per i propri scopi” ci ricordava Greil Marcus in Tracce di rossetto e questa frase catturava bene l’essenza di come i movimenti culturali e artistici reinterpretano eventi, idee e tradizioni per ridefinire la propria identità e il proprio contesto storico. Return To Planet Underground è un EP che fluttua tra suggestioni differenti in una maniera piuttosto plasticosa e da big room, con influenze anche detroitiane ed electro, trattamenti vocoderizzati ed iperboli techno. Il tutto funziona nelle intenzioni dei produttori sia per la pista che come soundtrack: perché quella è la provenienza, una pellicola altrettanto affastellata di temi e riferimenti al mondo del clubbing ma che di realmente underground non ha niente. L’idea di “underground” nel 2024 è ormai talmente distante dalle sue origini da risultare spesso irriconoscibile e questo EP è un esempio lampante di come un certo tipo di cultura venga reinterpretata per adattarsi ad un’estetica più commerciale e mainstream. Il risultato? Un’operazione di puro vampirismo, che strizza l’occhio al passato ma lo tradisce completamente nelle intenzioni. In definitiva, più che un omaggio, l’EP suona come una parodia involontaria di ciò che l’underground rappresentava davvero.