Si deve alla Synaptic Cliffs questa avventurosa e spettacolare uscita di pdqb, ovvero Sascha Dornhöfer, uno strano personaggio, head honcho dell’etichetta e skater con pattini tradizionali, nonché avvezzo a combutte parecchio alternative in quel di Berlino, che prevedono anche la vicinanza a sperimentazioni chiptune, un movimento che annovera numerose scene più o meno sommerse in tutto il mondo e che fa del recupero di vecchi computer e console uno dei suoi punti di forza. L’album si muove su coordinate che intrecciano chiptune, electro e IDM con un approccio crudo e senza compromessi, tra melodie glitchate, ritmiche spezzate e un’estetica che mescola tecnologia obsoleta e visioni futuristiche. “Ankh” apre il disco con una melodia inquieta e suoni sintetici in costante mutazione, costruendo un’atmosfera che oscilla tra cyber-misticismo e un’arcana decadenza digitale. Il ritmo è spezzato, ma il groove è presente, insinuandosi con una struttura irregolare. “Hypothermia (34,8) [34,8]” è un viaggio nei territori più gelidi dell’IDM, con drum machine glaciali e linee digitalizzate che sembrano resistere a una deriva sonora costante. Il numero tra parentesi nel titolo sembra alludere a una temperatura critica, e il pezzo restituisce proprio quella sensazione di un organismo che lotta contro il congelamento. “Kegelreibahle, spiralrechtsschneidend” è un frammento di un minuto e diciotto secondi, una scarica nervosa di glitch e distorsioni che assomiglia più a un circuito impazzito che a una traccia convenzionale. “Black Kimchi” accelera i ritmi con una sequenza convulsa di bassline distorte e percussioni squadrate. Il titolo suggerisce un’idea di fermentazione, di elementi che si trasformano e si decompongono nel tempo. “Sycorax” è un intermezzo a metà tra un esperimento sonoro e un trip lisergico: le sue frequenze basse e le interferenze digitali evocano un’entità cibernetica in fase di risveglio. “Abysmopalütse (Alpha)” e “Abysmopalütse (Omega)” formano una coppia complementare, due variazioni sullo stesso tema che esplorano atmosfere più oscure e cinematiche. Il primo è più introspettivo e meditativo, mentre il secondo introduce ritmi più lisergici e un incedere minaccioso, come se un’intelligenza artificiale stesse prendendo consapevolezza di sé. “Mäckchen” chiude il disco con un approccio più giocoso e grottesco, quasi a voler smorzare l’intensità accumulata nei brani precedenti. La sua melodia incalzante e le percussioni sincopate sembrano far riferimento a sonorità più tradizionali e ariose. Con Wetware Unveiled, pdqb si conferma come un manipolatore eccentrico di suoni digitali, capace di sfruttare hardware obsoleto per creare qualcosa di visceralmente attuale. Il risultato è un LP che sfugge alle definizioni, mescolando passato e futuro in un collage sonoro alieno e affascinante.