Andrey Kiritchenko – Rust Trust

Sono sequenze di taglio assai elegante e musicale, nonché estremamente contemporanee quelle di Andrey Kiritchenko che debutta su POLAAR con un EP comprensivo di quattro original version, modulate attorno i 160 BPM, smantellando le tipiche strutture della jungle per ricostruirle con precisione chirurgica e un senso melodico che colpisce nel profondo. La traccia d’apertura, “Creed”, si muove con un incedere serrato ma controllato, intrecciando pattern spezzati e pulsazioni asimmetriche a tessiture ambientali sottili, quasi rarefatte. È un’introduzione che definisce subito l’estetica dell’EP, fatta di tensioni trattenute e dettagli minuziosi. “Manifest” adotta un approccio più percussivo e stratificato, con frammenti ritmici che si rincorrono e si sovrappongono su un fondale armonico cupo ma non privo di apertura. Le componenti melodiche emergono a sprazzi, come linee sfocate che attraversano un paesaggio in movimento. In “Null Myth” si avverte un senso maggiore di sospensione, con i beat che sembrano frammentarsi ulteriormente e una componente atmosferica più pronunciata. Qui il lavoro timbrico si fa centrale, con texture granulari e oscillazioni che suggeriscono uno spazio in continua trasformazione. Chiude l’EP “Liquid Teeth”, il brano forse più diretto, dove la tensione ritmica si combina con elementi più liquidi e taglienti, come suggerisce il titolo. Il contrasto tra le percussioni spezzate e gli inserti melodici crea un effetto di costante instabilità, mantenendo alta l’attenzione fino alla fine. Con Rust Trust, Kiritchenko conferma un approccio personale e consapevole, capace di coniugare complessità formale e sensibilità sonora in un contesto che guarda tanto alla pista quanto all’ascolto più analitico.

 

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