In quanto ad uscite maniacali sono degli specialisti alla Mannequin Records di Alessandro Adriani, e anche questo nuovo capitolo di Jing, fascinosa artista taiwanese adesso di base a Berlino, non fa eccezione, proprio per il suo appeal narrativo e provocatorio, senza compromessi nell’esplorare tra industriali, field recording e spoken word inquietanti. Fin dall’apertura con “Doomfriend”, si percepisce un’urgenza che non concede tregua: la tensione è trasmessa attraverso un battito nervoso e linee sonore taglienti che mettono subito le cose in chiaro. “Translucent Time Effect” è uno studio sul vuoto, brevissimo ma densissimo, come un messaggio interrotto. Il cuore dell’album pulsa in “You Don’t Know How To Let Go”, brano dilatato e ipnotico, dove glitch e melodie disgregate si rincorrono in un gioco di apparizioni e sparizioni. “384,400KM”, invece, porta il discorso su un piano più rarefatto, quasi meditativo, ma l’irrequietezza resta sotto traccia. “Hypnosis” gioca sul dualismo tra attrazione e smarrimento, mentre “Away From Us” scivola via come un’eco da un altrove remoto. Infine, “Hollow Perfection” chiude il disco con una delicatezza deformata, come se tutto ciò che è rimasto fosse un ricordo distorto. Un’opera che non cerca consolazione, ma lucidità.