Blackploid torna sulla per lui consueta Central Processing Unit con un album composto da dodici original mix, un’apoteosi che, fin dall’apertura con “Alien”, “World Construction” e “Virtual State”, si distingue per beat secchi e pulsanti, su cui si innestano linee sintetiche retrofuture. Martin Matiske ha mantenuto una media di più di un’uscita all’anno per l’etichetta di Sheffield da quando ha debuttato su CPU nel 2021, e anche questa volta colpisce nel segno. “Universe Research” introduce una componente più riflessiva, con trame sintetiche fluttuanti e un incedere che lascia spazio a dissolvenze e riverberi controllati. “The Lab” si distingue per un’atmosfera cinematica, costruita su una singola linea melodica in stile Carpenter, attorno alla quale orbitano pulsazioni liquide e accordi ariosi. “Species” è tra le tracce più energiche, con una ritmica incalzante e modulazioni acute che evocano un’estetica sci-fi classica. Più fredda e rarefatta, “Polar Dunes” gioca su un equilibrio tra melodia e minimalismo, mentre “Multiverse” si sviluppa su pad instabili e suoni leggermente distorti, generando una tensione costante. “Contact” chiude l’album con una linea di basso rombante e un groove serrato. L’uscita ribadisce la centralità del suono electro nell’universo produttivo di Blackploid, mantenendo una coerenza stilistica e una precisione formale che ne confermano l’affidabilità.