Mainstream, Haters e Cricche Milanesi – Devo Pur Mangiare

Qualcuno dice che è una categoria decisamente postmoderna, quella degli haters, fomentata dalla banda larga per tutti – e quindi anche a disposizione dei cretini – salvo poi fare le lodi d’un mainstream abbastanza penoso, dando sponda a certe cricche milanesi legate alle radio, alla comunicazione patinata e alle case discografiche sopravvissute. Il refrain è lo stesso di Anna Paola Concia assoldata con un contrattino da Mediaset. “Devo pur mangiare” trasposto ai nostri versanti musicali significa che non si può rimanere tutta la vita a fare i ragazzini nerd con le produzioni a salsicciotto condite da effetti e motoseghe (parole che provengono direttamente da questi sopraffini artistoni). Se d’un tratto i trend che ti hanno messo in pista sembrano vacillare e non essere più così tanto di moda, il salto del fosso è velocemente assicurato e propizio. È così che son venute fuori le collaborazioni di 3 Is A Crowd, Dargen D’Amico e Tommaso Cerasuolo nel 2011 o “Bocciofili” dello stesso D’Amico, con Fedez e Mistico adesso, oppure su altri versanti stilistici le prove non certo esaltanti dei remix più edulcorati e speriamo almeno ben pagati di Gigi Barocco (per Pink, Danny Fernandes, Zoosters e compagnia cantante) o la roba ultimissima assai commerciale di His Majesty Andre. Spesso chi anche ha apprezzato lavori più seri di certi autori soprassiede, insomma, generalmente non s’infierisce: meglio non far scattare i rimbrotti mediatici sui social network attirandosi la fama di “rosiconi”. Un poco però di fronte certi articoletti le mani prudono e allora bisogna dirlo che il vero tormentone è che nessuna di queste produzioni diventa nemmeno lontanamente un pezzo di successo, cosa alla quale naturalmente aspirerebbero come confezione, contemporaneamente fungendo da immediato “anti-klout” rispetto alla “street credibility” degli autori coinvolti. Non avranno successo mai queste uscite perché proprio nel voler essere prodotti voluttuosamente di massa rendono esplicita la loro natura senz’anima. Sono delle marchette così evidenti che qualsiasi discussione sulla loro ragione d’esistere può solo essere voltata in coglionella. Dice Elena Bozzo di Melty.it che la canzone “Bocciofili” sembra il sinonimo palese del “non c’è limite al peggio” e subito si guadagna da Rocco Di Vincenzo l’appellativo di veterofemminista (e giù su Facebook a postare e fare i fighi, ironizzando su quell’unico cromosoma d’anderground rimasto). L’underground (quello con la “u”) è sempre vivo a nostro avviso e si riproduce viralmente di generazione in generazione. Prova ne è che proprio quando si vogliono “costruire su misura” le hit nazionalpopolari italiote dell’estate si cerca di mettere assieme questi caravanserragli dall’aplomb pseudo-chic-gonzo-alternativo. Se poi si divertano veramente nel fare questa roba è tutto da capire. Personalmente mi vergognerei assai di passare certe schifezze. Diceva il vecchio Burroughs “lo scopo era originariamente cerimoniale o magico e quando il lavoro è separato dalla sua funzione magica, perde la sua vitalità”. Ovvero, “quando una tribù comincia a fare bambole per i turisti, è finita”.

 

Dargen D’Amico, Fedez & Mistico – Bocciofili