Tekno Free Doom – Syd B

La scena rave – qualcuno ne ha scritto da un versante anche più teorico e mediale – senza dubbio ha determinato una distintiva apertura ed una sensibilità che come nel caso di altri epocali movimenti giovanili ha segnato non solo il proprio tempo ma anche i successivi anni, estendendo la sua sfera d’influenza fino ai giorni nostri. Tekno Free Doom di Syd B, moniker dietro il quale si nasconde un abruzzese purosangue – da più d’un decennio trapiantato a Berlino e da sempre a suo agio fra sound system, etichette, produzioni musicali e organizzazione di serate ed eventi – è un racconto ambientato nel mondo delle feste illegali nel quale sono intrecciate contorte storie di droga, musica e traffici internazionali, seguendo idealmente il desiderio di libertà ed emancipazione dei protagonisti: due sconclusionati e confusi ventenni italiani. Il tempo della narrazione è quello a cavallo fra anni novanta e nuovo millennio e i luoghi attraversati vanno da un’assolata Foggia a un’oppiacea Bari, dalla stazione di Milano alle foreste dell’India, da Ginevra all’immancabile Bologna, capitale italiana della scena raver e punkabbestia, senza naturalmente mancare di altre ambientazioni “essenziali” quali Amsterdam, Rotterdam, Londra, fra “collassi ravvicinati del terzo tipo” e teknival, con partecipazioni speciali di dj e crew, quali ad esempio Kernel Panik, Spiral Tribe e Mad Professor. Ogni sostanza psicotropa conosciuta fa capolino fra le righe ma lo spirito è complessivamente svagato, mai cupo o troppo introverso, a conferma della sensazione di molti che quella raver sia stata sostanzialmente – nelle sue maggiori e importanti derivazioni – una riedizione delle più feconde attitudini “hippies”, bagnate dagli stilemi del cyberpunk e quindi ricongiunte idealmente a una certa contemporaneità e nuove forme. Il libro è godibilissimo per chi in qualche modo ha attraversato quegli anni e quelle “ambientazioni”. Seppure la narrazione non infonde nessun particolare “messaggio” questo non ci sembra sicuramente un limite e anzi è assolutamente in sintonia con il vuoto pneumatico che ha permeato tutta una decade – e non solo. Ci sono decadi alle quali non si può chiedere nulla: vanno solo attraversate. E questi raver mi pare l’abbiano fatto benissimo.

 

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