Sleep – Max Richter

Sono otto ore senza alcun intermezzo in balia dei suoni d’un ensemble classico-contemporaneo. Dell’intermezzo non c’è stato bisogno perché si sta già comodamente stesi su brandine numerate o avvolti in sacchi a pelo, su letti provvisori o solo forniti di qualche coperta, all’interno di uno spazio assai suggestivo come quello del Kraftwerk Berlin, una vecchia centrale elettrica nell’adesso fashionista quartiere di Mitte, splendida architettura industriale riconvertita in spazio espositivo e nella quale ha sede anche il Tresor. In tempi di refugees è praticamente impossibile non accostare le immagini evocate da questo set a quelle d’improvvisati centri di accoglienza per la notte, solo che in questo caso nel passaggio fra stato di veglia e sonno non ci sono i fantasmi di guerre insensate ad accompagnare i presenti ma un ensemble di tutto rispetto che guidato da Max Richter ha collaborato con un neuroscienziato per capire come suoni e coscienza possano essere modulati in relazioni nuove. “È una ninna nanna strumentale ed elettronica” spiega Richter anche se capire esattamente come la mente funzioni durante il sonno sembra più in questo caso una dichiarazione poetica che un reale esperimento cognitivo. L’impatto suggestivo è comunque fortissimo e Sleep – questo, semplicemente, è il titolo del progetto – non è da annoverarsi in nessun modo ad estetiche quietistiche o post new age: c’è in ogni caso una certa inquietudine nel dormire in un luogo che non è la propria casa o quella di amici affianco a perfetti sconosciuti. “È anche una riflessione sull’accelerazione delle nostre vite“ rimarca Richter, “un luogo di riposo, un punto su cui fermarsi” seppure il colpo d’occhio sulla scena non è affatto rassicurante.

 

Max Richter in “Such Stuff As Dreams Are Made On” by Yulia Mahr – NOWNESS